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Errori del designer principiante
giovedì, 22 ottobre 2009Sappiamo quante persone si improvvisano designer dopo aver scaricato una copia pirata di Photoshop. I loro lavori sono immediatamente riconoscibili: immagini a bassa risoluzione nei lavori a stampa, uso più che abbondante dei filtri e degli effetti di casa Adobe, l’utilizzo di pessime font scaricate gratuitamente e usate in numero multiplo di dieci per ogni progetto, assenza di qualsivoglia forma di rispetto per chi guarda.
Poi ci sono gli artisti: quelli che attraverso il graphic design immaginano di esprimersi, di creare un’opera d’arte, come contemporanei Giotto.
Chiariamo una cosa: il senso del disegno grafico è rendere ogni tipo d’informazione immediatamente fruibile e facilmente assimilabile dal destinatario della stessa. E il designer altro non è che il tramite tra il mittente, ovvero colui che produce il messaggio e ha necessità di diffonderlo, e il pubblico. Il resto sono sciocchezze, poco più che fantasie. Non a caso, uno dei nomi con cui viene conosciuto nel mondo anglosassone il mestiere è commercial art: noi contribuiamo in maniera sostanziale a far vendere un prodotto, quale che sia.
Torniamo a noi: come si identifica un dilettante? Le caratteristiche esposte sopra sono sufficienti. Ma tantissimi altri errori si nascondono dietro l’angolo. Ad un giovane amico che mi chiedeva lumi sul corso da designer cui si voleva iscrivere ho detto: «Studia. Non fossilizzarti sui programmi. Anche una scimmia ben addestrata può disegnare in vettoriale». E la stessa cosa ho detto agli studenti del corso di Quark XPress che ho tenuto per la Casa editrice Edilazio. Bisogna essere curiosi, affamati con gli occhi. Catturare ogni manifesto, ogni cartellone, ogni pubblicazione e vivisezionare, chiedendosi come è stato fatto e perché proprio così. Studiare i lavori dei grandi designer come di Toulouse Lautrec, sfogliare riviste e giornali provenienti da altre aree del pianeta perché ogni cultura si esprime diversamente, acquistare libri, manuali, raccolte di brochure, loghi e quant’altro.
Poi, quando il Cielo vi avrà donato un cliente e un progetto da seguire, intervistatelo. Non iniziate a lavorare. Dimenticatevi di accendere il Mac in questa fase. Intervistate il cliente: andate a fondo, avete bisogno di sapere quale è il suo mestiere, che settore occupa la sua azienda e cosa la contraddistingue dalla concorrenza. Sottoponetegli il vostro brief, dopo averlo redatto. E continuate a discutere le eventuali zone d’ombra.
In seguito, lasciate il computer spento. Disegnate su carta. Non perdete tempo facendo e rifacendo, provando palette di colori, caratteri da stampa, immagini. Fate uno schizzo. Provate a vedere se funziona o meno. Sì, so che avete tutto quanto in testa. Proprio per questo, non perdete il tempo tentando di buttarlo giù su schermo. Disegnate. È più facile e contribuirà a farvi essere più efficaci.
Mi raccomando: rispettate ogni vostro cliente, rispettando i tempi stabiliti nel contratto. Perché avete firmato un contratto, vero? Un rapido elenco delle cose che farete, con quali tempi e quale compenso. No? Male. Malissimo. La Rete è piena di numerosi esempi. E sia voi che il cliente avete diritto a sentirvi garantiti.
«Ma no, è un lavoretto, un sito piccolo piccolo per un conoscente». Sciocchezze. Se siete dei professionisti, dovete al cliente – chiunque sia – una serie di garanzie. E lui deve a voi altrettanto.
In ultimo, un consiglio: non pensate di dover correre al ribasso con le vostre stime, con i vostri preventivi. Ci sarà sempre qualcuno che lavorerà per meno, e sovente molto peggio. Voi siete bravi. Quando dovete creare un logo, lo preparate in vettoriale, stando attenti che sia riproducibile in piccole dimensioni e ad un solo colore. Quando avete un flyer da progettare, lavorate in cmyk, ad alta risoluzione. Quindi, fate i conti di quanto vorreste guadagnare in un anno, quanto vi costa lavorare fra equipaggiamento e utenze e quanto vorreste depositare per una pensione integrativa. E non dimenticate l’Irpef e i contributi Inps. Poi, dividete per le settimane che lavorerete in un anno. Sono cinquantadue, ma almeno un paio andrete in ferie. Almeno, altrimenti bruciate la creatività. Poi dividete per i giorni e le ore. Quel numero lì, quello relativo alla cifra divisa per le ore lavorate, lo moltiplicherete per le ore necessarie a portare a termine il progetto per il quale vi viene chiesta una stima. Quello sarà il preventivo.
Sistema rozzo? Potete raffinarlo. Lo farete certamente con l’esperienza. Ma partite così, e non svendetevi per quattro soldi.
Sergio ‘Chef’ Carravetta
Un normale giovedì sera
venerdì, 16 ottobre 2009«Ci vediamo, eh, però ho da lavorare». E quando la fidanzata è una giornalista, si passa dall’inaugurazione di una mostra al Vittoriano al party per l’apertura del Festival internazionale del film di Roma.
Che c’entrano questi appuntamenti col mestiere? Intanto, le relazioni – specie per un freelance, soprattutto per chi ha cominciato da poco – sono lo strumento principale: più di qualsiasi applicativo Quark o Adobe. Non c’è miglior strumento di propaganda del proprio lavoro che la referenza di un cliente precedente, che il passaparola. Poi, perché a volte – casualmente – si fanno incontri meravigliosi come quello con la Maestra Anna Ronchi, presidente onoraria dell’Associazione Calligrafica Italiana. Una donna gentilissima, di una delicatezza straordinaria e che ci ha regalato, fra le varie opere di calligrafia che ha realizzato davanti ai nostri occhi, un bellissimo alfabeto black chancery.
Sono ovviamente cominciate chiacchiere sull’importanza del segno, sul significato del simbolo-lettera, sull’importanza per un graphic designer di conoscere la storia e la tecnica della scrittura per poter padroneggiare l’ars typographica e quindi abbinare caratteri da stampa storicamente adeguati al progetto.
Tutto qui? No. Dopo averci, appunto, donato alcune sue opere, è giunto il momento dei saluti: Margherita ed io dovevamo andare all’appuntamento mondano del giorno. Stretta di mano, quindi, ringraziamenti e biglietti da visita. E la risata che sfugge dalle labbra di quella donna serissima e sempre concentrata alla vista del mio.
Già, il biglietto da visita. Un graphic designer – ed un freelance a maggior ragione – ne ha sempre mezza dozzina nel portafogli. E sono, devono essere, memorabili.
Se il compito di un graphic designer è rendere un messaggio comprensibile, immediatamente fruibile al destinatario, bisogna cominciare da sé e quindi dai propri biglietti da visita. Devono associare immediatamente chi si è a ciò che si fa. Devono assomigliare ai nostri progetti o a quelli che vorremmo realizzare. Sul tema dei biglietti da visita torneremo presto, e più volte, data la importanza di questo semplice atto di cortesia, di questo strumento di relazione.
Sergio ‘Chef’ Carravetta