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AnciRivista, se ne sono accorti
mercoledì, 7 marzo 2012PrimaComunicazione pubblica il lancio di TMNews sul restyling della rivista dell’Associazione nazionale comuni italiani:
Editoria/ Anci Rivista cambia look per i suoi 55 anni
07/03/2012
Magazine dei comuni italiani festeggia con nuova veste grafica
Roma, 7 mar. (TMNews) – Valorizzare l’incessante arricchimento di notizie, riordinando le rubriche e offrendo, allo stesso tempo, maggior risalto alle immagini: con questo spirito Anci Rivista, nella sua nuova cadenza bimestrale, ha inaugurato il suo 55esimo anno di vita. Il restyling del magazine dell’Associazione nazionale comuni italiani è stato affidato a Sergio Carravetta di “La Grille”, che ha fornito una veste grafica contemporanea nel rispetto delle tradizioni della rivista dei sindaci e delle amministrazioni locali. “Abbiamo riorganizzato l’intero impianto del magazine – ha detto il designer – mantenendo la tradizionale scansione cromatica e lavorando per rendere più fruibile e immediatamente identificabile il contenuto di ogni sezione”.
Il primo numero del 2012 si apre con un’intervista al presidente Anci, Graziano Delrio, a introdurre uno speciale di oltre 30 pagine sugli italiani del XXI secolo, a cavallo fra mutamenti sociali e del tessuto urbano. “Siamo riusciti grazie a un robusto lavoro sulla griglia – ha spiegato Carravetta – a inserire con grande fluidità nuove sezioni, come quella sull’arte, nel palinsesto usuale di Anci Rivista e particolare attenzione è stata data alla rinnovata tipografia: lo storico Din – ha concluso – è stato affiancato dal moderno Flama di Mario Feliciano per i titoli, mentre per i testi ci siamo orientati sul versatile e leggibile Pratt di Nick Shinn”.
Entro il weekend, pubblicheremo la presentazione del lavoro – before and after – su queste pagine. Non mancate!
Trevi Edizioni, cliente a 360°
venerdì, 5 novembre 2010È piacevole poter lavorare gomito a gomito con un cliente che si fida e si affida alla nostra esperienza. È piacevole e fruttuoso. Nasce quindi Editrevi.it e nascono i libri di Trevi Edizioni. Tutto made in La Grille.
Fatto un giornale, se ne fa un altro
martedì, 25 maggio 2010Innazitutto, un sentito ringraziamento a quanti hanno organizzato la prima giornata italiana della Society for News Design. Traduttori a parte – ma grazie al Cielo da queste parti si è potuto seguire l’inglese senza essere sottoposti alla involontaria comicità che faceva ogni tanto ridere la platea – l’organizzazione è stata splendida. Un paio di pause in più, forse, avrebbero reso più semplice seguire la lunga giornata di lavori ma è roba da poco.
Grazie quindi a chi si è speso in prima persona e grazie a chi ha preso aerei e treni per raccontare come fa un giornale, l’infografica e – perché no, vista l’insistenza – la differenza che corre fra un ‘normale’ designer e un visual journalist: e che atteggiamento si debba avere quando si disegna un mezzo d’informazione. Grazie a chi ci ha raccontato la sua storia di successo e a chi ha suggerito di lottare quotidianamente per portare il mercato italiano al livello di quello europeo e internazionale.
Già, l’Italia. Ancora una volta descritta come un Paese poco più che sottosviluppato, in cui una cultura conservatrice regna nelle direzioni dei giornali. Effettivamente, non c’era la presenza di un solo direttore di quotidiano. Né c’era un editore. A questo, sono certo, si riparerà nel tempo – se la SND italiana saprà farsi vera associazione, forte di intelligenze e numeri, uscendo dalla fase carbonara dell’«associato italiano a una organizzazione straniera».
Il dato, però, è comunque rilevante, come rilevante il senso di meraviglia, di stupore dei partecipanti alle presentazioni degli ospiti stranieri: davvero nelle altre redazioni funziona così? Davvero avete trenta designer che fanno solo infografica? Davvero potete stampare quei giornali tanto belli?
Peccato, come si è detto nell’intervento del caro Paolo di Liberazione e ancora di più nella hall, sul marciapiede, fra le file di sedie, fra noi che stringevamo mani, facevamo conoscenza, scambiavamo esperienze, che la situazione quotidiana sia ben più triste: quotidiani che si reggono sul lavoro di due grafici; altri – come ha replicato l’ottimo Valeri – che con trenta giornalisti impiegano, e part-time, un solo fotografo. Senza voler insistere, per noia e rassegnazione, sulla crassa ignoranza di chi dirige una testata e non sa di marketing né se ne preoccupa. Come se, appunto, vendere il giornale non fosse affar suo ma dell’edicolante e, se va bene, dell’editore.
A poco possono servire le impressioni anglo-calviniste del lavorare giorno per giorno proponendo variazioni in pagina. Ancora meno – lo si dice rispettosamente – quelle feudo-baronali del «se trovi un buon direttore o caporedattore tienitelo stretto». Vero, dal basso si può cambiare o contribuire a farlo. Altrettanto vero, la costruzione fortemente verticistica delle redazioni italiane non ha una cura immediata, palingenetica. Ma dobbiamo trovare una via d’uscita per chi fa informazione visiva e per l’intero comparto industriale perché, nel caso si sia rimosso il dato, si trova e ci troviamo in una stretta drammatica, fra crisi economica e nuovi media non ancora compresi e governati.
Chi scrive è convinto – al pari del vangelo sndiano – che l’aspetto di un giornale sia già informazione. Che un aspetto conservatore può trasmettere autorevolezza, che un aspetto à la Independent dell’ultimo biennio può attrarre più giovani e donne. Ma chi scrive, soprattutto, è convinto di una cosa: il design, il layout, la veste grafica – lo si chiami come si preferisce e così i professionisti che concorrono a crearlo – servono a veicolare idee e ad attrarre lettori. In poche parole, a vendere di più.
Questa è la domanda che rimane – che è rimasta – sulle labbra mie e di altri felici partecipanti al seminario: in quale modo, anche attraverso la SND italiana, spiegheremo a editori e giornalisti che non siamo imbrattatèle ma partner nella costruzione di una informazione migliore e più efficace? Perché a questo – e lo aspettavamo da anni, e siamo felici, eccitati, entusiasti – deve servire l’associazione. Associamoci!
Un’ultima parola. Se trovarsi nella stessa stanza con Javier Errea, con Kris Viesselman o con Anna Thurfjell può emozionare; se guardare negli occhi Duenes e Porter – no, dico, Mark Porter: il Jonah Lomu del design editoriale – mentre ripetono come scolaretti i loro compiti a casa può non avere prezzo; mentre si gode la doppia presentazione dei gentilissimi Lana e Trujillo – l’ultimo l’ho chiamato Paco e non Francisco, neanche fosse mio cugino, e non mi ha preso a pugni – meritano una menzione speciale Rinaldi di Repubblica e il dinamico duo di IL composto da Walter Mariotti e Francesco Franchi. Pur nella differenza di prodotto – un quotidiano e un mensile, carta da rotativa e patinata, ogni notizia contro informazione selezionata – son venuti a consolarci: anche in Italia si può fare e, almeno in qualche caso si fa, bene. Grazie ancora.
Fare un giornale
domenica, 16 maggio 2010Lasciando da parte diluvi e temperature da metà novembre, nello Stivale qualcosa sta nascendo e porta con sé i tratti distintivi di una nuova primavera.
Il diciannove a Milano e il ventuno a Roma, al Circolo della Stampa e alla Residenza di Ripetta rispettivamente, alcuni fra i migliori art director si confronteranno sui temi del design editoriale. L’iniziativa è della Society for News Design italiana e vi parteciperanno – fra gli altri – Mariotti e Franchi, direttore e art director di IL del Sole 24 Ore, Porter, direttore creativo del Guardian, e Duenes, direttore grafico del New York Times. Insomma, l’aristocrazia del news design a portata di occhi, orecchie, mani. Non mancate.
Per informazioni e iscrizioni, www.snd-i.com.
Bob Noorda non c’è più
martedì, 12 gennaio 2010È morto a Milano Bob Noorda, uno dei più grandi grafici che abbiano operato in Italia, noto al volgo per aver disegnato – fra le migliaia di progetti – il logo del metrò meneghino, l’immagine di Feltrinelli, Coop, Enel, Touring Club, Agip, Pirelli, Rinascente. Aveva ottantadue anni.
Bello il coccodrillo pubblicato dal Corsera a firma di Gianluigi Colin.
Specialità della casa
lunedì, 23 novembre 2009Qualche giorno fa mi ha chiamato un amico che, di fronte ad un invito per una festa, ha pensato bene di ricordarmi quanto io fossi vecchio. Onestamente, sono rimasto sbalordito dal ripensare alla enorme – quindici anni – differenza di età fra lui e me.
Si è iscritto da poco ad una scuola di design, l’Istituto europeo di design, che è la migliore in Italia: l’unica che possa vantare un approccio accademico nello stile dei corsi undergraduate anglosassoni. Che questo possa essere sufficiente a fare un graphic designer è opinabile ma, di fronte a qualunque domanda sull’istruzione di un giovane, indicherei lo Ied.
La chiacchierata è stata come sempre piacevole e il piccolo – mi sto vendicando… – mi ha chiesto dove fosse meglio fare uno stage: se in una agenzia o in una casa editrice. Ho risposto che, evidentemente, sono mondi assai diversi fra loro e che – se di stage si tratta – forse una agenzia è più divertente. Poi la discussione è virata sulla specializzazione di un grafico.
È chiaro che nessun grafico sa fare tutto bene allo stesso modo: è un mestiere con competenze assai diverse, come può essere quello dell’avvocato. Si passa da quelli specializzati nel diritto di famiglia a quelli che si occupano solamente di diritto della navigazione, e via dicendo. Allo stesso modo, ci sono graphic designer che principalmente disegnano marchi, altri che disegnano su web, altri che prediligono la comunicazione visiva stradale: dai cartelli ai cartelloni.
La preferenza di Francesco, questo il nome del mio amico, e mia è nettamente in favore dell’editoria. Come pittori falliti che si danno all’illustrazione, il nostro amore per la parola ha condotto le nostre vite per mano e, non essendo Majakovskji o Maugham, ci siamo ritrovati a organizzare le parole come segni, forme, colori su una pagina.
Quanto è, quindi, importante la specializzazione per un disegnatore grafico? Moltissimo. Probabilmente, è tutto. Lampante come il sole, nessuno sa fare solo una cosa: io, ad esempio, disegno anche per il web ma nella mia testa non è entrato, in tutti questi anni, nemmeno un tag di html. Grazie al Cielo, c’è Fabio ad occuparsi di questo. Così come mi è capitato di disegnare loghi che, non a caso, sono sempre stati logotipi: loghi con il nome dell’azienda, venuti al mondo dopo una lunga ricerca del carattere di stampa appropriato.
Così, buona parte del lavoro che facciamo è legato all’editoria: dai libri alle pubblicazioni, per poi finire sull’immagine coordinata. Qualsiasi cosa che sia carta. È una tendenza che mi viene spontanea ed è la prima cosa che dico di me quando mi si chiede di spiegare il mio mestiere.
Forse, a beneficio di Francesco, bisognerebbe aggiungere che ad uno studente o a chi comincia l’attività da freelance non deve importare granché di specializzarsi sin da subito. Assai meglio divorare ogni nozione, ogni informazione che, rielaborata nel tempo, anche inconsciamente, andrà ad aggiungere mattoni di sapere sempre pronti all’uso. Prestando attenzione, in ogni modo, ad una cosa: è inutile affermare di saper far tutto. Al contrario, se si vogliono ottenere lavori in un dato settore della professione, è bene privilegiare quell’aspetto anche nella propria comunicazione. Il mio biglietto da visita, infatti, ha forma di giornale: immediato, chiaro, riconoscibile.
Certo, si tratta di un giornale a cinque colonne. Forse, in questo modo mi consolo, sono ancora troppo giovane per averne uno di nove.