Articoli marcati con tag ‘editoria’
Forme e colori in pagina
lunedì, 19 luglio 2010Il rosso vende: è la prima cosa che s’impara da qualsiasi testo sulla teoria del colore. Beh, dopo che il blu è il colore che piace maggiormente: una persona su due lo preferisce agli altri, attribuendogli caratteristiche positive in ogni campo. Ma il rosso cattura l’attenzione, attira gli sguardi e vende.
Forme inusuali, su una pagina, compiono esattamente lo stesso scopo. Destano sorpresa, incuriosiscono e fanno vendere.
Se poi il campo di battaglia è una edicola con i suoi affollati scaffali, un quotidiano locale – scarse sessantamila copie con punte di settantacinquemila la domenica: roba che in Italia è un sogno – come può competere con i suoi concorrenti? La lezione dell’Huntsville Times è questa:
L’informazione online
sabato, 19 giugno 2010Avrete navigato nel nuovo sito de Il Sole 24 Ore. È bello, ben fatto, estremamente facile da consultare e pieno zeppo di contenuti. Ha un approccio da “nuovi media”: si è cercato, con ogni evidenza, di trovare un nuovo linguaggio visuale per esprimere l’insieme di notizie, informazioni professionali e infotainment in un modo solo, coerente con l’immagine della testata. Se ne è occupato Mario Garcia, già citato da queste parti per quanto riguarda la nuova veste grafica de Il Secolo XIX. Per chi guarda con occhio professionale, il sito è anche dotato di una solida griglia. Davvero ben fatto.
Ora, se non vi fosse già capitato, fate un salto al sito del Times di Londra. Quello nuovo. Cliccate qui. Visto? È nuovo. Nuovo, ma completamente differente da quello del Sole. Sotto certi punti di vista, ad esempio l’uso delle colonne, è assai tradizionale. Del resto, parliamo del Times, non di un tabloid qualsiasi. Ed è impaginato come il quotidiano di carta. La singola foto principale, un articolo di apertura, la colonna di brevi e poi tutto il resto: fortemente gerarchico, come un giornale stampato, i-den-ti-co a quello in edicola. E quelle note di colore che indicano rubriche e sezioni? Sono fantastiche. Intuitive al massimo. Nel complesso, un altro gran bel lavoro.
Però, viene da pensare, il primo è stato fatto con il web in mente. Beh, certo, direte: si tratta di un sito. Ovvio. Ma che cosa direste se affermassimo che il Times sembra nato per l’iPad e ha un look and feel più fedele all’esperienza tattile del leggere un giornale?
Fatto un giornale, se ne fa un altro
martedì, 25 maggio 2010Innazitutto, un sentito ringraziamento a quanti hanno organizzato la prima giornata italiana della Society for News Design. Traduttori a parte – ma grazie al Cielo da queste parti si è potuto seguire l’inglese senza essere sottoposti alla involontaria comicità che faceva ogni tanto ridere la platea – l’organizzazione è stata splendida. Un paio di pause in più, forse, avrebbero reso più semplice seguire la lunga giornata di lavori ma è roba da poco.
Grazie quindi a chi si è speso in prima persona e grazie a chi ha preso aerei e treni per raccontare come fa un giornale, l’infografica e – perché no, vista l’insistenza – la differenza che corre fra un ‘normale’ designer e un visual journalist: e che atteggiamento si debba avere quando si disegna un mezzo d’informazione. Grazie a chi ci ha raccontato la sua storia di successo e a chi ha suggerito di lottare quotidianamente per portare il mercato italiano al livello di quello europeo e internazionale.
Già, l’Italia. Ancora una volta descritta come un Paese poco più che sottosviluppato, in cui una cultura conservatrice regna nelle direzioni dei giornali. Effettivamente, non c’era la presenza di un solo direttore di quotidiano. Né c’era un editore. A questo, sono certo, si riparerà nel tempo – se la SND italiana saprà farsi vera associazione, forte di intelligenze e numeri, uscendo dalla fase carbonara dell’«associato italiano a una organizzazione straniera».
Il dato, però, è comunque rilevante, come rilevante il senso di meraviglia, di stupore dei partecipanti alle presentazioni degli ospiti stranieri: davvero nelle altre redazioni funziona così? Davvero avete trenta designer che fanno solo infografica? Davvero potete stampare quei giornali tanto belli?
Peccato, come si è detto nell’intervento del caro Paolo di Liberazione e ancora di più nella hall, sul marciapiede, fra le file di sedie, fra noi che stringevamo mani, facevamo conoscenza, scambiavamo esperienze, che la situazione quotidiana sia ben più triste: quotidiani che si reggono sul lavoro di due grafici; altri – come ha replicato l’ottimo Valeri – che con trenta giornalisti impiegano, e part-time, un solo fotografo. Senza voler insistere, per noia e rassegnazione, sulla crassa ignoranza di chi dirige una testata e non sa di marketing né se ne preoccupa. Come se, appunto, vendere il giornale non fosse affar suo ma dell’edicolante e, se va bene, dell’editore.
A poco possono servire le impressioni anglo-calviniste del lavorare giorno per giorno proponendo variazioni in pagina. Ancora meno – lo si dice rispettosamente – quelle feudo-baronali del «se trovi un buon direttore o caporedattore tienitelo stretto». Vero, dal basso si può cambiare o contribuire a farlo. Altrettanto vero, la costruzione fortemente verticistica delle redazioni italiane non ha una cura immediata, palingenetica. Ma dobbiamo trovare una via d’uscita per chi fa informazione visiva e per l’intero comparto industriale perché, nel caso si sia rimosso il dato, si trova e ci troviamo in una stretta drammatica, fra crisi economica e nuovi media non ancora compresi e governati.
Chi scrive è convinto – al pari del vangelo sndiano – che l’aspetto di un giornale sia già informazione. Che un aspetto conservatore può trasmettere autorevolezza, che un aspetto à la Independent dell’ultimo biennio può attrarre più giovani e donne. Ma chi scrive, soprattutto, è convinto di una cosa: il design, il layout, la veste grafica – lo si chiami come si preferisce e così i professionisti che concorrono a crearlo – servono a veicolare idee e ad attrarre lettori. In poche parole, a vendere di più.
Questa è la domanda che rimane – che è rimasta – sulle labbra mie e di altri felici partecipanti al seminario: in quale modo, anche attraverso la SND italiana, spiegheremo a editori e giornalisti che non siamo imbrattatèle ma partner nella costruzione di una informazione migliore e più efficace? Perché a questo – e lo aspettavamo da anni, e siamo felici, eccitati, entusiasti – deve servire l’associazione. Associamoci!
Un’ultima parola. Se trovarsi nella stessa stanza con Javier Errea, con Kris Viesselman o con Anna Thurfjell può emozionare; se guardare negli occhi Duenes e Porter – no, dico, Mark Porter: il Jonah Lomu del design editoriale – mentre ripetono come scolaretti i loro compiti a casa può non avere prezzo; mentre si gode la doppia presentazione dei gentilissimi Lana e Trujillo – l’ultimo l’ho chiamato Paco e non Francisco, neanche fosse mio cugino, e non mi ha preso a pugni – meritano una menzione speciale Rinaldi di Repubblica e il dinamico duo di IL composto da Walter Mariotti e Francesco Franchi. Pur nella differenza di prodotto – un quotidiano e un mensile, carta da rotativa e patinata, ogni notizia contro informazione selezionata – son venuti a consolarci: anche in Italia si può fare e, almeno in qualche caso si fa, bene. Grazie ancora.
Fare un giornale
domenica, 16 maggio 2010Lasciando da parte diluvi e temperature da metà novembre, nello Stivale qualcosa sta nascendo e porta con sé i tratti distintivi di una nuova primavera.
Il diciannove a Milano e il ventuno a Roma, al Circolo della Stampa e alla Residenza di Ripetta rispettivamente, alcuni fra i migliori art director si confronteranno sui temi del design editoriale. L’iniziativa è della Society for News Design italiana e vi parteciperanno – fra gli altri – Mariotti e Franchi, direttore e art director di IL del Sole 24 Ore, Porter, direttore creativo del Guardian, e Duenes, direttore grafico del New York Times. Insomma, l’aristocrazia del news design a portata di occhi, orecchie, mani. Non mancate.
Per informazioni e iscrizioni, www.snd-i.com.
Un gran bel Secolo.
martedì, 9 febbraio 2010Ormai da qualche giorno, Il Secolo XIX è in edicola con la sua nuova veste: formato di pagina ridotto in altezza e larghezza fino a diventare sostanzialmente un berliner da 34*46cm, scelte tipografiche consolidate su Gotham e Chronicle di Hoefler & Frere-Jones, coraggiosa disposizione delle notizie in pagina.
È stato fatto davvero un bel lavoro che, pur non snaturando affatto la tradizionale immagine del giornale ligure, guarda decisamente alle tendenze più attuali dell’informazione cartacea quotidiana: formati più compatti e verticalizzazione dell’impaginato. Di cuore, auguriamo non solo premi a Mario Garcia e all’art director del quotidiano Massimo Gentile, ma maggiori copie vendute in edicola e crescenti inserzioni pubblicitarie. Ovvero il senso e la ragione intima del redesign di un giornale.
Si potrebbe poi discutere dell’onnipresenza del Gotham e in generale dei prodotti di H&FJ, ma come contestare chi li usa? Difficilmente si vede altro così bello e funzionale.
Apple i-qualcosa
mercoledì, 27 gennaio 2010Fra pochissimo, Steve Jobs toglierà il velo alla nuova creatura di Cupertino. Di essa non si sa nulla, se non che sarà più grande di un quaderno. Ci si potrà ascoltare musica, leggere testi, possibilmente navigare.
Si dice in giro che sarà la prima piattaforma creata appositamente per gli e-paper, i giornali in formato digitale. Non è chiaro se ci sarà un formato nativo per gli e-paper o se si continuerà ad utlizzare il formato Pdf di Adobe.
Qui, siamo già pronti a scommettere che dovremo imparare un modo nuovo di impaginare. E la notizia è eccitante.
Nuova decade, nuovo Secolo
martedì, 19 gennaio 2010Mario Garcia è fra i grandissimi del news design mondiale. Basta scorrere per dieci secondi la lista dei ‘clienti’ per rendersi conto di essere dinanzi ad un guru: dal fiammingo DeMorgen al mostro sacro Wall Street Journal, dai mercati emergenti come il Brasile e l’India al francese La Tribune. Capolavori della tipografia, della leggibilità, del colore.
Oggi, o meglio il quattro febbraio in edicola, Garcia e i suoi hanno preparato la nuova veste de Il Secolo XIX. Potete vedere alcune anticipazioni sul blog del designer. Puro genio.
Il tipico quotidiano italiano: pagine affollate di notizie, titoli che si accavallano, neretti e maiuscole in grande abbondanza ma – ed è il tratto distintivo dei lavori del cubano-americano – spazio negativo a circondare ogni elemento. Tanto, tantissimo bianco per far respirare le pagine.
Ricorda un po’ La Stampa. O meglio, come sarebbe La Stampa se aggiornasse la pur splendida veste che si diede qualche anno fa.
Chapeau, maestro.
Siamo stati un po’ impegnati
martedì, 15 dicembre 2009E vi chiediamo scusa per questo. Fra il progettare un sito per uno studio medico, un altro per una associazione e la chiusura di un libro di quattrocento pagine, abbiamo avuto poco tempo persino per pensare.
Visto che si avvicinano le feste – è anzi iniziata la Hanukkah ebraica – e quindi si comincia a pensare ai regali, qui a destra potete vedere due nuovi pulsanti. Il primo, della Red Publishing, ovvero la principale fonte italiana di libri e riviste dedicati alla grafica e al design. Il secondo, invece, è una nostra selezione di libri nello sterminato catalogo di Amazon. Una nostra selezione, proprio, il che vuol dire che li abbiamo selezionati uno per uno, copiando e incollando i codici Isbn nella pagina dello store, operando quindi una scelta contenutistica che consideriamo importante. Se in alcuni casi gli stessi volumi sono presenti in entrambi i cataloghi, nella selezione “Fatti una cultura!” abbiamo voluto dar seguito alla ragione principale per la quale abbiamo aperto questo blog: fornire agli studenti e a chi incomincia la professione informazioni ed esperienze relative a una corretta condotta professionale, cominciando dai rapporti con i clienti per finire ad una oggettiva valutazione del valore dei propri progetti. Specificatamente a questi aspetti è relativa la categoria “Freelancing & marketing” – e le sue sottocategorie, che vi invitiamo a saccheggiare – del nostro aStore.
Pian piano, uno alla volta, vi presenteremo i testi che consideriamo fondamentali: quelli senza i quali gli scaffali dello studio di un graphic designer non sono tali.
Un’ultima nota: è evidente come parte dei proventi delle vendite che Red Publishing e Amazon faranno se eventualmente vorrete far vostro uno o più libri ci verrà girata. Questo per onestà. Per completezza, invece, vorremmo farvi sapere che su Amazon, dove è possibile operare una scelta del genere, abbiamo optato per ricevere in cambio degli sconti su altri libri di nostro gradimento; per quanto riguarda Red Publishing, dove l’unica opzione è quella di incassare denaro, abbiamo deciso di devolvere i proventi in beneficenza.
Specialità della casa
lunedì, 23 novembre 2009Qualche giorno fa mi ha chiamato un amico che, di fronte ad un invito per una festa, ha pensato bene di ricordarmi quanto io fossi vecchio. Onestamente, sono rimasto sbalordito dal ripensare alla enorme – quindici anni – differenza di età fra lui e me.
Si è iscritto da poco ad una scuola di design, l’Istituto europeo di design, che è la migliore in Italia: l’unica che possa vantare un approccio accademico nello stile dei corsi undergraduate anglosassoni. Che questo possa essere sufficiente a fare un graphic designer è opinabile ma, di fronte a qualunque domanda sull’istruzione di un giovane, indicherei lo Ied.
La chiacchierata è stata come sempre piacevole e il piccolo – mi sto vendicando… – mi ha chiesto dove fosse meglio fare uno stage: se in una agenzia o in una casa editrice. Ho risposto che, evidentemente, sono mondi assai diversi fra loro e che – se di stage si tratta – forse una agenzia è più divertente. Poi la discussione è virata sulla specializzazione di un grafico.
È chiaro che nessun grafico sa fare tutto bene allo stesso modo: è un mestiere con competenze assai diverse, come può essere quello dell’avvocato. Si passa da quelli specializzati nel diritto di famiglia a quelli che si occupano solamente di diritto della navigazione, e via dicendo. Allo stesso modo, ci sono graphic designer che principalmente disegnano marchi, altri che disegnano su web, altri che prediligono la comunicazione visiva stradale: dai cartelli ai cartelloni.
La preferenza di Francesco, questo il nome del mio amico, e mia è nettamente in favore dell’editoria. Come pittori falliti che si danno all’illustrazione, il nostro amore per la parola ha condotto le nostre vite per mano e, non essendo Majakovskji o Maugham, ci siamo ritrovati a organizzare le parole come segni, forme, colori su una pagina.
Quanto è, quindi, importante la specializzazione per un disegnatore grafico? Moltissimo. Probabilmente, è tutto. Lampante come il sole, nessuno sa fare solo una cosa: io, ad esempio, disegno anche per il web ma nella mia testa non è entrato, in tutti questi anni, nemmeno un tag di html. Grazie al Cielo, c’è Fabio ad occuparsi di questo. Così come mi è capitato di disegnare loghi che, non a caso, sono sempre stati logotipi: loghi con il nome dell’azienda, venuti al mondo dopo una lunga ricerca del carattere di stampa appropriato.
Così, buona parte del lavoro che facciamo è legato all’editoria: dai libri alle pubblicazioni, per poi finire sull’immagine coordinata. Qualsiasi cosa che sia carta. È una tendenza che mi viene spontanea ed è la prima cosa che dico di me quando mi si chiede di spiegare il mio mestiere.
Forse, a beneficio di Francesco, bisognerebbe aggiungere che ad uno studente o a chi comincia l’attività da freelance non deve importare granché di specializzarsi sin da subito. Assai meglio divorare ogni nozione, ogni informazione che, rielaborata nel tempo, anche inconsciamente, andrà ad aggiungere mattoni di sapere sempre pronti all’uso. Prestando attenzione, in ogni modo, ad una cosa: è inutile affermare di saper far tutto. Al contrario, se si vogliono ottenere lavori in un dato settore della professione, è bene privilegiare quell’aspetto anche nella propria comunicazione. Il mio biglietto da visita, infatti, ha forma di giornale: immediato, chiaro, riconoscibile.
Certo, si tratta di un giornale a cinque colonne. Forse, in questo modo mi consolo, sono ancora troppo giovane per averne uno di nove.