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Articoli marcati con tag ‘graphic design’

Specialità della casa

lunedì, 23 novembre 2009

Qualche giorno fa mi ha chiamato un amico che, di fronte ad un invito per una festa, ha pensato bene di ricordarmi quanto io fossi vecchio. Onestamente, sono rimasto sbalordito dal ripensare alla enorme – quindici anni – differenza di età fra lui e me.

Si è iscritto da poco ad una scuola di design, l’Istituto europeo di design, che è la migliore in Italia: l’unica che possa vantare un approccio accademico nello stile dei corsi undergraduate anglosassoni. Che questo possa essere sufficiente a fare un graphic designer è opinabile ma, di fronte a qualunque domanda sull’istruzione di un giovane, indicherei lo Ied.
La chiacchierata è stata come sempre piacevole e il piccolo – mi sto vendicando… – mi ha chiesto dove fosse meglio fare uno stage: se in una agenzia o in una casa editrice. Ho risposto che, evidentemente, sono mondi assai diversi fra loro e che – se di stage si tratta – forse una agenzia è più divertente. Poi la discussione è virata sulla specializzazione di un grafico.
È chiaro che nessun grafico sa fare tutto bene allo stesso modo: è un mestiere con competenze assai diverse, come può essere quello dell’avvocato. Si passa da quelli specializzati nel diritto di famiglia a quelli che si occupano solamente di diritto della navigazione, e via dicendo. Allo stesso modo, ci sono graphic designer che principalmente disegnano marchi, altri che disegnano su web, altri che prediligono la comunicazione visiva stradale: dai cartelli ai cartelloni.

La preferenza di Francesco, questo il nome del mio amico, e mia è nettamente in favore dell’editoria. Come pittori falliti che si danno all’illustrazione, il nostro amore per la parola ha condotto le nostre vite per mano e, non essendo Majakovskji o Maugham, ci siamo ritrovati a organizzare le parole come segni, forme, colori su una pagina.
Quanto è, quindi, importante la specializzazione per un disegnatore grafico? Moltissimo. Probabilmente, è tutto. Lampante come il sole, nessuno sa fare solo una cosa: io, ad esempio, disegno anche per il web ma nella mia testa non è entrato, in tutti questi anni, nemmeno un tag di html. Grazie al Cielo, c’è Fabio ad occuparsi di questo. Così come mi è capitato di disegnare loghi che, non a caso, sono sempre stati logotipi: loghi con il nome dell’azienda, venuti al mondo dopo una lunga ricerca del carattere di stampa appropriato.

Così, buona parte del lavoro che facciamo è legato all’editoria: dai libri alle pubblicazioni, per poi finire sull’immagine coordinata. Qualsiasi cosa che sia carta. È una tendenza che mi viene spontanea ed è la prima cosa che dico di me quando mi si chiede di spiegare il mio mestiere.
Forse, a beneficio di Francesco, bisognerebbe aggiungere che ad uno studente o a chi comincia l’attività da freelance non deve importare granché di specializzarsi sin da subito. Assai meglio divorare ogni nozione, ogni informazione che, rielaborata nel tempo, anche inconsciamente, andrà ad aggiungere mattoni di sapere sempre pronti all’uso. Prestando attenzione, in ogni modo, ad una cosa: è inutile affermare di saper far tutto. Al contrario, se si vogliono ottenere lavori in un dato settore della professione, è bene privilegiare quell’aspetto anche nella propria comunicazione. Il mio biglietto da visita, infatti, ha forma di giornale: immediato, chiaro, riconoscibile.

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Certo, si tratta di un giornale a cinque colonne. Forse, in questo modo mi consolo, sono ancora troppo giovane per averne uno di nove.

Errori del designer principiante

giovedì, 22 ottobre 2009

Sappiamo quante persone si improvvisano designer dopo aver scaricato una copia pirata di Photoshop. I loro lavori sono immediatamente riconoscibili: immagini a bassa risoluzione nei lavori a stampa, uso più che abbondante dei filtri e degli effetti di casa Adobe, l’utilizzo di pessime font scaricate gratuitamente e usate in numero multiplo di dieci per ogni progetto, assenza di qualsivoglia forma di rispetto per chi guarda.
Poi ci sono gli artisti: quelli che attraverso il graphic design immaginano di esprimersi, di creare un’opera d’arte, come contemporanei Giotto.

Chiariamo una cosa: il senso del disegno grafico è rendere ogni tipo d’informazione immediatamente fruibile e facilmente assimilabile dal destinatario della stessa. E il designer altro non è che il tramite tra il mittente, ovvero colui che produce il messaggio e ha necessità di diffonderlo, e il pubblico. Il resto sono sciocchezze, poco più che fantasie. Non a caso, uno dei nomi con cui viene conosciuto nel mondo anglosassone il mestiere è commercial art: noi contribuiamo in maniera sostanziale a far vendere un prodotto, quale che sia.

Torniamo a noi: come si identifica un dilettante? Le caratteristiche esposte sopra sono sufficienti. Ma tantissimi altri errori si nascondono dietro l’angolo. Ad un giovane amico che mi chiedeva lumi sul corso da designer cui si voleva iscrivere ho detto: «Studia. Non fossilizzarti sui programmi. Anche una scimmia ben addestrata può disegnare in vettoriale». E la stessa cosa ho detto agli studenti del corso di Quark XPress che ho tenuto per la Casa editrice Edilazio. Bisogna essere curiosi, affamati con gli occhi. Catturare ogni manifesto, ogni cartellone, ogni pubblicazione e vivisezionare, chiedendosi come è stato fatto e perché proprio così. Studiare i lavori dei grandi designer come di Toulouse Lautrec, sfogliare riviste e giornali provenienti da altre aree del pianeta perché ogni cultura si esprime diversamente, acquistare libri, manuali, raccolte di brochure, loghi e quant’altro.
Poi, quando il Cielo vi avrà donato un cliente e un progetto da seguire, intervistatelo. Non iniziate a lavorare. Dimenticatevi di accendere il Mac in questa fase. Intervistate il cliente: andate a fondo, avete bisogno di sapere quale è il suo mestiere, che settore occupa la sua azienda e cosa la contraddistingue dalla concorrenza. Sottoponetegli il vostro brief, dopo averlo redatto. E continuate a discutere le eventuali zone d’ombra.
In seguito, lasciate il computer spento. Disegnate su carta. Non perdete tempo facendo e rifacendo, provando palette di colori, caratteri da stampa, immagini. Fate uno schizzo. Provate a vedere se funziona o meno. Sì, so che avete tutto quanto in testa. Proprio per questo, non perdete il tempo tentando di buttarlo giù su schermo. Disegnate. È più facile e contribuirà a farvi essere più efficaci.
Mi raccomando: rispettate ogni vostro cliente, rispettando i tempi stabiliti nel contratto. Perché avete firmato un contratto, vero? Un rapido elenco delle cose che farete, con quali tempi e quale compenso. No? Male. Malissimo. La Rete è piena di numerosi esempi. E sia voi che il cliente avete diritto a sentirvi garantiti.
«Ma no, è un lavoretto, un sito piccolo piccolo per un conoscente». Sciocchezze. Se siete dei professionisti, dovete al cliente – chiunque sia – una serie di garanzie. E lui deve a voi altrettanto.

In ultimo, un consiglio: non pensate di dover correre al ribasso con le vostre stime, con i vostri preventivi. Ci sarà sempre qualcuno che lavorerà per meno, e sovente molto peggio. Voi siete bravi. Quando dovete creare un logo, lo preparate in vettoriale, stando attenti che sia riproducibile in piccole dimensioni e ad un solo colore. Quando avete un flyer da progettare, lavorate in cmyk, ad alta risoluzione. Quindi, fate i conti di quanto vorreste guadagnare in un anno, quanto vi costa lavorare fra equipaggiamento e utenze e quanto vorreste depositare per una pensione integrativa. E non dimenticate l’Irpef e i contributi Inps. Poi, dividete per le settimane che lavorerete in un anno. Sono cinquantadue, ma almeno un paio andrete in ferie. Almeno, altrimenti bruciate la creatività. Poi dividete per i giorni e le ore. Quel numero lì, quello relativo alla cifra divisa per le ore lavorate, lo moltiplicherete per le ore necessarie a portare a termine il progetto per il quale vi viene chiesta una stima. Quello sarà il preventivo.
Sistema rozzo? Potete raffinarlo. Lo farete certamente con l’esperienza. Ma partite così, e non svendetevi per quattro soldi.

Sergio ‘Chef’ Carravetta

Qui comincia l’avventura

martedì, 13 ottobre 2009

Ed eccomi qui ad inaugurare un blog, tra il personale e il professionale, interamente rivolto al design grafico. L’ambizione è quella di riuscire a coprire ogni aspetto dell’industria, discutendone i fondamenti teorici e fornendo strumenti pratici per lavorare meglio e produrre comunicazione migliore, in special modo ai freelance.
Un paio di anni fa, facemmo ristrutturare lo studio dove avevamo sede, nel centro di Roma. Muratori, imbianchini, tutto il personale necessario all’opera ed un gran trambusto. Chiedemmo anche di cambiare il contatore dell’energia elettrica. Sfruttando il momento, facemmo sistemare anche l’impianto elettrico e la rete lan.
Un pomeriggio di luglio – faceva un caldo infernale – mi si avvicinò l’elettricista. Gran chiacchierone, vicino ai sessanta, basso di statura e dal tipico carattere romanesco: «Dottò, ma lei, de preciso, che fa?».
«Io? Io sono un grafico», dissi, tagliando corto.
«Ah, vabbè, er raggioniere der Du’mila», chiuse lui, allontanandosi.
Lui che aveva conosciuto gli anni Sessanta e quegli uomini in abiti marrò, tutti presi a salutarsi vantandosi di un titolo come fossero Pari della Corona, aveva inquadrato una generazione – la nostra – che vive l’era della comunicazione di massa, della onnipresente contraddizione fra informazione e marketing, e se ne occupa.
Questa è, di fondo, l’ambizione del blog di La Grille: raccontare, attraverso la esperienza professionale e il background culturale di chi lavora in questo studio, piccole storie e trucchi del mestiere.
Ognuno degli addetti alla nostra cucina si augura che possiate gustare le nostre pietanze. Buon appetito.

Sergio ‘Chef’ Carravetta